venerdì 28 maggio 2021

PEDAGOGIA

John Dewey è probabilmente il più grande pedagogista contemporaneo americano, vissuto a cavallo tra il 1800 e il 1900. Il suo pensiero ha influenzato moltissimo il modo di fare scuola fino ai giorni nostri ed è alla base di molti progetti e molte idee che animano anche la scuola dei nostri ragazzi e che potrebbero ulteriormente animarle. I suoi principi pedagogici dovrebbero essere tenuti presente ogni volta che si voglia promuovere nei bambini un apprendimento che sia davvero efficace, duraturo e significativo. Il ruolo fondamentale della scuola è, innanzitutto, quello di promuovere l'ESPERIENZA degli alunni. Nelle scuole bisogna partire dall'esperienza pratica: sulla base dell'esperienza pratica l'alunno formula una teoria e delle ipotesi e successivamente ritorna all'esperienza per verificare se la teoria e le ipotesi formulate sono esatte, in un legame continuo tra TEORIA e PRATICA. In questo senso la scuola promuove una conoscenza che sia utile per risolvere problemi concreti: ai ragazzi vengono sottoposti problemi pratici da risolvere, nell'idea che è proprio la necessità ad aguzzare l'ingegno. A questo proposito diventano quindi preziosissimi non solo i tentativi degli alunni, ma anche i loro errori, perchè permettono loro di formulare nuove ipotesi e trovare nuove soluzioni. Inoltre c'è nella scuola di Dewey grande spazio per i lavori manuali e quindi per l'istruzione professionale e ovviamente sono fondamentali le discipline scientifiche. Le stesse materie umanistiche vengono insegnate con un metodo che sia il più possibile scientifico e il più possibile legato all'esperienza pratica. Dewey arriva addirittura ad affermare che gli unici atti che si possono considerare davvero educativi sono quelli che promuovono e accrescono l'esperienza e quindi spingono il bambino a sperimentarsi in situazioni sempre diverse e nuove. Al contrario sono atti diseducativi quelli che non stimolano o addirittura precludono le esperienze future, che sono cioè basati solamente sulla routine e la ripetizione. Oltre alla promozione dell'esperienza la scuola ha un altro compito fondamentale: deve destare l'INTERESSE del ragazzo. In questo senso lui è fortemente contrario al nozionismo fine a se stesso: l'immagazzinare informazioni slegate dall'esperienza non ha senso, perchè non è utile, non rimarrà nella mente del bambino a lungo e anzi provocherà in lui una grande antipatia nei confronti delle scuola. Non è importante la quantità di informazioni che lo scolaro possiederà: sarà piuttosto opportuno promuovere nello scolaro il desiderio di conoscere, insegnargli un metodo di lavoro, dargli la consapevolezza che potrà con il suo sapere migliorare la società e si sentirà quindi partecipe del bene comune. Il ragazzo sarà in un'ottica di crescita continua. Non si promuoveranno quindi abitudine e ripetizione fine a se stesse ma si cercherà sempre di trasmettere al ragazzo il significato di quello che sta provando: le prime danno un insegnamento particolare, riferito ad un'unica questione specifica, il secondo allena la mente a saper affrontare i problemi di tutti e di tutta la società. In questo senso e paradossalmente, l'approccio della scuola deve essere il meno scolastico possibile. Spesso infatti accade che i bambini siano pieni di domande fuori dalla scuola e non abbiano nessuna curiosità a scuola: a loro manca il legame tra ciò che succede entro le quattro mura scolastiche e quello che succede fuori, cioè a quelle che sono le loro esperienze concrete di vita. In questo senso scuola e vita devono essere assolutamente collegate e avere scambi continui. Una volta che si farà leva su quello che è l'interesse del bambino, sul risvolto pratico della sua conoscenza, allora egli sarà anche più disponibile a tollerare uno SFORZO perchè non lo vivrà come una fatica "inutile" ma lo accetterà e affronterà anche se difficoltoso. Se l'alunno coglie che il "far fatica" gli permette di accedere a ciò che realmente lo interessa sarà disponibile a farlo: sarà quindi l'interesse a giustificare lo sforzo. Infine molto importante per Dewey è che la scuola sia in stretto contatto con la società e viceversa. La scuola è una vera e propria "formazione" perchè rende l'alunno pronto ad inserirsi nella società; nello stesso tempo prepara per la società persone in grado di migliorarla. Inoltre è interessante il fatto che Dewey ritenga che la scuola sia una sorta di società embrionale, di piccola società e proprio come la grande società debba essere una comunità democratica: propone in questo senso per esempio dei referendum decisionali tra gli alunni e votazioni. Sia la scuola sia la società devono essere in grado di valorizzare al meglio le risorse individuali in maniera cooperativa: la scuola infatti supera le differenza individuali (di nazionalità, lingua credo e altro...) e fa sentire gli alunni parte della società composta semplicemente da uomini che condividono gli stessi bisogni e lo stesso destino. L'insegnamento promosso nella scuola e la cultura che permea la società hanno un carattere molto concreto e pratico: il pensiero infatti è lo strumento attraverso il quale l'uomo può modificare l'ambiente anche in base alle sue necessità e quindi migliorare non solo la scuola, ma tutta la società. Scuola e società sono strettamente legate: la società ha bisogno della scuola per avere cittadini consapevoli e la scuola ha bisogno della società per preparare gli alunni alla vita reale.

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